Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge in esame è rivolta ad affermare alcuni princìpi fondamentali che realizzino in uno alla tutela dei valori e dei beni costituzionalmente garantiti in materia di patrimonio paesaggistico, archeologico ed agrario anche il principio dell'oculato uso del denaro pubblico finalizzato a raggiungere immediati obiettivi di interesse collettivo, coniugati con il principio che non può esistere un interesse dello Stato diverso da quello della collettività. Quindi è rivolta anche ad affermare il principio della fruibilità del bene pubblico come principio fondamentale cui lo Stato verte.
      La proposta di legge si articola in tre capi.

Capo I.

      Contiene una serie di norme in materia di recupero paesaggistico ed agrario. La normativa è rivolta ad impedire quello che, purtroppo, ci è dato spesso constatare, cioè fondi espropriati per faraonici progetti senza che in effetti siano stati impegnati i mezzi per realizzare tali progetti, con il risultato del più completo abbandono di questi fondi, tradendo in modo eclatante il fine per cui tali fondi erano stati espropriati o si era iniziata la procedura di esproprio.
      Per impedire che questi fondi restino privi di coltivazione e abbandonati al più completo degrado e che le poche colture preesistenti siano preda di sterpaglie e di conseguenti incendi, l'articolo 1 prevede la possibilità della retrocessione in uso da parte dei proprietari che ne facciano richiesta.
      Come è precisato all'articolo 2 i fondi retrocessi possono avere solo destinazione agraria conforme alle colture in uso nel territorio.

 

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      L'articolo 3 prevede in materia dettagliata la procedura per la concessione in uso.
      Con tale procedura da un lato è assicurata la redazione di un verbale di consistenza che evita ogni uso distorto del suolo, dall'altro è vietato quello che spesso accade, cioè che la lentezza burocratica paralizzi l'attuazione di ogni migliore legge.
      Pertanto, è prevista una procedura di immissione in uso nel fondo anche in caso di inerzia dell'amministrazione che risponde alla stessa logica del cosiddetto «silenzio assenso».
      In tale caso la responsabilità della stesura del verbale di consistenza è demandata ad un professionista iscritto negli albi professionali.
      L'articolo 4 prevede la cessazione della retrocessione in uso.
      Poiché la concessione in uso è legata ai due concetti dell'impossibilità dell'immediato uso ai fini collettivi del bene e di evitare, nelle more, il degrado dell'immobile, è ovvio che allorché il fondo può essere destinato al fine per il quale era stato espropriato o era stata iniziata la procedura, deve cessare la retrocessione in uso.
      Quindi l'articolo 4 prevede che, se vi sono i finanziamenti idonei a permettere entro un anno l'inizio dei lavori, o se questi non sono necessari, per la destinazione alla fruibilità pubblica del bene in quanto l'ente che lo deve gestire potrà regolarmente funzionare nel periodo massimo di un anno, deve essere emessa l'ordinanza di cessazione di retrocessione in uso.
      Per evitare che si ripeta il fenomeno che, cessata la retrocessione in uso, il bene resti in abbandono per la non immediata realizzabilità dell'opera o per la mancanza della struttura operativa che lo destini alla pubblica fruibilità, è previsto che il decreto non solo sia motivato, ma sia accompagnato da una dichiarazione giurata dal capo dell'ufficio, preposto alla pratica, sulla veridicità dei fatti indicati in detto decreto, con ciò responsabilizzando personalmente il funzionario.
      L'articolo 5 disciplina le situazioni nelle more venutesi a creare, in modo che la pubblica amministrazione abbia sempre un vantaggio economico dalla retrocessione in uso.
      Infatti detto articolo prevede che nel caso in cui il pagamento dell'indennizzo non è ancora avvenuto, questo avvenga solo nel momento in cui veramente il fondo può essere destinato all'uso pubblico e quindi nel momento in cui viene a cessare la retrocessione.
      Se il pagamento dell'indennizzo è avvenuto è prevista la corresponsione all'amministrazione, da parte del proprietario, di un tasso di interesse annuale pari al tasso ufficiale di sconto sull'indennizzo già corrisposto fino all'utilizzo del fondo da parte dell'amministrazione stessa, tranne che il proprietario preferisca restituire quanto ha ricevuto.
      Inoltre lo Stato su questi fondi introiterà le imposte come se il fondo fosse a tutti gli effetti libero da ogni peso, poiché l'articolo 5 della presente proposta di legge prevede che i fondi concessi in uso seguano il regime fiscale della proprietà.
      Tutto il capo I è rivolto alla tutela del paesaggio e del patrimonio evitando il degrado e l'abbandono attraverso la retrocessione in uso.

Capo II.

      È rivolto ad eliminare l'impatto ambientale venutosi a determinare nelle zone di inedificabilità previste dal «decreto Gui-Mancini» del 1968, a causa di un colpevole comportamento omissivo e commissivo a tutti i livelli da parte delle autorità statali, regionali e locali.
      Un carente funzionamento della pubblica amministrazione e la mancanza di strumenti urbanistici hanno spinto i privati, per l'assoluta necessità di avere una casa, a sconfinare nell'abusivismo costruendo però in zone che, se pur protette, sono ben lontane, ad esempio, dal naturale perimetro della Valle dei Templi che, come qualsiasi osservatore può notare, può considerarsi integra.
      È certamente più grave, invece, che proprio lo Stato e le autorità preposte alla tutela dei beni paesaggistici e archeologici

 

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abbiano realizzato un'opera, il cosiddetto «Ponte Morandi» che affonda le sue gigantesche fondamenta in una necropoli, offendendo gravemente una zona che il decreto-legge 30 luglio 1966, n.590, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 settembre 1966, n.749, voleva proteggere. È, inoltre, altrettanto grave che quelle stesse autorità, che si sono rese colpevoli dello scempio davvero irreparabile causato dal Ponte Morandi, si ostinino a non proporre o impediscano reali ed eque soluzioni all'eliminazione dell'impatto ambientale figlio di un abusivismo voluto da una classe burocratico-politica responsabile di non aver dato strumenti urbanistici per assicurare un ordinato sviluppo della città e per soddisfare le giuste esigenze dei cittadini.
      È del resto assai sintomatico che, in alte e qualificate sedi si senta parlare, senza equivoci di «concorso di colpe» e addirittura con riferimento proprio al Ponte Morandi «di abusivismo di Stato».
      Ciò rilevato appare evidente che non si può far pagare «all'abusivo per necessità» una precisa responsabilità statuale, così come non si possono scaricare sul cittadino incolpevole indennizzi legati a malintesi ammortizzatori sociali.
      La vera soluzione è, pertanto, far pagare agli abusivi il ripristino della legalità attraverso l'eliminazione dell'impatto ambientale.
      Non può, inoltre, trascurarsi il rilevante aspetto sociale del fenomeno (600 case e migliaia di cittadini coinvolti) che questa legge affronta e risolve in sintonia con la salvaguardia dei valori culturali della Valle.
      Per tutto quanto sopra appare dunque evidente che il «caso Agrigento» ha una particolare specificità che richiede un doveroso e chiaro intervento legislativo.
      L'articolo 6 prevede che congiuntamente alla domanda di regolarizzazione il proprietario deve presentare un atto di impegno, trascritto alla competente conservatoria, a favore dell'amministrazione dei beni culturali, di adeguamento dell'immobile e delle sue pertinenze alle caratteristiche di decoro che questo ente ritiene necessario.
      L'adempimento di tale obbligazione è garantito dall'accensione di una fidejussione per un importo pari al triplo della somma da pagare per la regolarizzazione.
      L'articolo 7 prevede le procedure di eliminazione di impatto ambientale. È, infatti, previsto che, nel termine di tre anni dalla presentazione della domanda di regolarizzazione, l'ente a cui è demandata la tutela del fondo, di concerto con il comune, incarichi un proprio professionista di redigere un progetto di adeguamento dell'immobile alle caratteristiche ambientali della zona al fine di mimetizzare al massimo la costruzione con l'ambiente circostante.
      Il progetto approvato dall'ente tutore concordemente con il sindaco va realizzato entro un anno pena l'escussione e l'incameramento della fidejussione, nonché l'acquisizione dell'immobile al patrimonio comunale. Ciò determina una tutela reale ed immediata del patrimonio paesaggistico ed archeologico attraverso il concorso del privato all'eliminazione di quegli impatti ambientali che di fatto le amministrazioni precedenti hanno permesso.
      Peraltro l'impinguamento delle finanze pubbliche, attraverso questi ulteriori introiti, può concorrere alla reale creazione di parchi attraverso la successiva espropriazione ed utilizzazione delle relative aree.
      L'affermazione del principio del ristoro del danno, attraverso l'adempimento specifico della eliminazione dell'impatto ambientale, costituisce sicuro momento educativo e concorre ad eliminare la cultura del non rispetto dell'ambiente che ha determinato l'atto turbativo.
      Peraltro l'eliminazione dell'impatto ambientale determina un incremento di attività edilizia, che per la prima volta, andrebbe ad arricchire e non a depauperare il paesaggio e l'ambiente.

Capo III.

      Contiene una serie di articoli che rimarcano i princìpi fondamentali affermati dall'intera proposta di legge.

 

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      L'articolo 8 afferma il principio della fruibilità. Infatti questo articolo dispone che tutti gli enti che gestiscono parchi archeologici paesaggistici naturali, devono garantire la fruibilità pubblica prevedendo idonee strutture.
      È ribadito il già affermato principio della trasparenza che in questo caso riguarda i modi e gli orari di fruibilità.
      Molto importante è l'affermazione del principio che la cultura si deve avvicinare al bambino, con ciò determinando la base per un collegamento tra il bambino e la struttura culturale che costituisce un sicuro momento di crescita in ossequio alle esperienze anche straniere nel settore.
      Nell'articolo 8 è altresì affermato il principio della partecipazione democratica e locale alla gestione dei beni culturali.
      Con l'articolo 9 è affermato un importantissimo principio quale quello del collegamento immediato tra la spesa del denaro pubblico e la destinazione del bene alla pubblica fruibilità per evitare scandalosi sperperi di denaro pubblico per strutture mai destinate, o destinate, molto lontano nel tempo, all'uso pubblico, responsabilizzando, come sopra detto, il funzionario con apposita dichiarazione.
      L'articolo 10 prevede che tutti gli atti amministrativi emanati in forza della presente proposta di legge siano da intendere come atti finali e quindi immediatamente impugnabili di fronte al tribunale amministrativo regionale.
      Per dare senso però alla giustizia è stato previsto che i ricorsi siano decisi col rito e nei termini delle decisioni previste per la sospensiva e, per dare attuazione costituzionale, poiché spesso il provvedimento di urgenza costituisce la sola tutela giurisdizionale, è stato previsto l'obbligo della motivazione.
      Con l'articolo 11 si è voluto precisare che la presente proposta di legge costituisce affermazione di princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione.
 

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